Ristorazione: Adecco, “Chiediamoci perché mancano 300mila addetti e il 75% degli studenti abbandona gli istituti alberghieri”

Il settore della ristorazione collettiva è da mesi al centro del dibattito sui cambiamenti nel mondo del lavoro. Mancano 300mila addetti (conseguenza della pandemia) e mancano competenze, tra il fenomeno delle grandi dimissioni e transizioni occupazionali, che è arrivato anche qui, collegato alla crescente richiesta di bilanciamento tra lavoro e vita privata, a fianco della necessità di nuovi modelli organizzativi per le aziende.

Se n’è parlato a “Il lavoro che verrà” ciclo di approfondimento ideato da The Adecco Group per capire quali strategie possono attuare oggi le imprese per garantirsi business sostenibili nel lungo periodo. Nel terzo appuntamento si è parlato di food service e in particolare di come rendere attrattivo il settore per i giovani. Manca personale prima di tutto perché in tanti hanno abbandonato cucine e ristoranti durante la pandemia “per l’incertezza che il comparto ha vissuto nel periodo di chiusure e aperture a singhiozzo. I nostri dipendenti si sono reinventati altrove, c’è chi si è spostato sulla grande distribuzione, chi sull’edilizia”, ha commentato Corrado Luca Bianca di Confesercenti.

“Attualmente si trovano persone disponibili a ricoprire posizioni di ricevimento e front office, ma è difficilissimo reperire personale disposto a entrare in cucina. Arrivano pochissime candidature”. Per cambiare, “bisogna dire anzitutto che non si tratta di lavori precari”, ha aggiunto Chiara Rivella di Autogrill Italia. “Sono mestieri che offrono possibilità di crescita professionale e stabilità”. Poi, Autogrill per esempio sta sperimentando nuove modalità di recruiting investendo molto nel digitale. Abbiamo anche girato l’Italia con un camper per promuovere la nostra campagna di assunzioni”. Si è poi rafforzato il team di recruiting interno, per assumere i candidati con maggiore velocità. Altro nodo centrale è la retention, ovvero la capacità delle aziende di trattenere e fidelizzare il personale, cosa possibile soprattutto grazie alla cultura aziendale, ma anche dalle condizioni contrattuali.

“Come associazione di categoria, puntiamo a garantire maggiore attenzione ai dipendenti, con contratti nazionali stipulati dalle associazioni maggiormente rappresentative così da tutelare i lavoratori”, ha aggiunto Bianca. “Ma il tema di natura contrattuale non è il solo. Noto spesso una mancanza d’amore nei confronti della nostra professione. Non è vero che i ragazzi non hanno voglia di lavorare, bisogna trovare un sistema che li faccia innamorare della nostra professione”. Ed è l’impresa “che deve riuscire ad appassionare alla professione, offrire prospettive stabili, non una copertura emergenziale. E, da questo punto di vista, puntare sulla formazione costante e investire sulle professionalità può essere la soluzione», ha ribadito Montrone.

Il punto di partenza di questo percorso non possono che essere le scuole, lavorando con le strutture educative e rivolgendosi agli studenti con un sistema di orientamento e accompagnamento. Perché nella formazione di categoria c’è un dramma da affrontare: il 75% degli iscritti agli istituti alberghieri abbandona la scuola prima di terminare gli studi. “Adecco lavora con le scuole, comunicando agli studenti quanto la professione nella ristorazione sia gratificante, trasmettendo i valori delle aziende e le possibilità di sviluppo delle carriere”, ha spiegato Nadia Piscioneri di Adecco. Alcune aziende hanno creato anche Academy interne che garantiscono formazione e percorsi di crescita. Anche perché nella ristorazione, come in tutti gli altri comparti, la digitalizzazione dei processi ormai non è più una scelta ma una necessità. Dalle piattaforme di delivery alle innovazioni nella produzione dei cibi, la tecnologia interessa tutti gli aspetti aziendali e richiede lo sviluppo di nuove competenze.