Plastica monouso, Italia in ritardo L’industria: decisioni rapide

Dal 3 luglio in vigore la nuova Direttiva Ue. Manca la norma nazionale. Da sciogliere i nodi di carta plasticata e prodotti biodegradabili.

Sollecitavano una settimana fa due voci autorevoli del mondo ambientalista, Rosalba Giugni e Gianfranco Amendola: «Le plastiche monouso devono essere bandite dal mercato e dal consumo. Bisogna rispettate la data del 3 luglio e i parametri imposti dall’Europa». Il 3 luglio è passato ma non è ancora applicata in Italia la direttiva europea che aveva fissato la scadenza per adottare la direttiva mirata a ridurre i rifiuti in mare.

Mentre i consumatori esigono più plastica usa-e-getta per i motivi di igiene, sterilità e sicurezza imposti da un anno e mezzo di epidemia, sono smarriti nell’incertezza produttori di plastica e di materiali alternativi alla plastica, come la carta e la plastica biodegradabile. Ma sono incerti anche grossisti, venditori e consumatori. Attenti anche altri settori: se la direttiva sarà interpretata in modo estensivo, diversi Paesi potrebbero limitare anche imballaggi uniporzione, come il vasetto dello iogurt o la coppa di gelato al caffè.

Ipotesi d’autunno

Anche se il termine per adottare la norma salvamare è scaduto, non è ancora il caso di pensare a una procedura d’infrazione; è solamente questione di pazienza. Servono alcuni passaggi per l’esame del Parlamento e, contando una flessibilità di tre mesi e la pausa estiva, in Italia gli effetti della direttiva antiplastica potrebbero essere evidenti in autunno. La bozza di decreto è pronta da settimane ma è ferma in attesa di un compromesso che sgomberi il dubbio su due materiali alternativi alla plastica usa-e-getta, cioè il cartoncino impermeabilizzato e la plastica biodegradabile.

I biodegradabili contesi

Nella bozza di decreto che recepirà la direttiva l’Italia non ha dubbi: le limitazioni non riguardano le carte politenate, cioè rese impermeabili da un velo sottilissimo di plastica come quello dei bicchieroni di bevande gassate alla spina o dei piatti di cartoncino, e le plastiche biodegradabili.

Le imprese italiane sono fortissime in questi due settori. E sono fortissime anche nell’altro segmento industriale, quello dei prodotti limitati dalla direttiva europea.

L’Europa invece è cautissima nel consentire il via libera a questi prodotti; le linee guida europee emanate in maggio respingono motivi che rendano diversa la bioplastica dalle altre plastiche o che ne documentino la biodegradabilità nel mare, né trovano motivi per cui la plastica non sia plastica se applicata al cartoncino.

I prodotti da vietare

La direttiva vuole ridurre i rifiuti che sporcano i mari. Se di plastica, sono vietati dal 3 luglio i bastoncini cotonati di plastica (in Italia non si usano da anni), posate e piatti, cannucce, palette per mescolare bevande, le aste per palloncini gonfiabili, tazzone di polistirolo espanso per caffè americano, le vaschette del gelato artigianale, i cofanetti degli hamburger. Spinta alla riduzione per altri prodotti, come bicchieri, fazzolettini umidificati, filtri di sigaretta, reti da pesca. C’è il tempo di finire le scorte.

Produttori confusi

Le aziende italiane che producono o usano i beni nel mirino, ma anche chi opera nei materiali che potrebbero sostituirli, seguono con sgomento la difformità applicativa tra i diversi Paesi. I mercati europei si comportano in modo erratico e gli esportatori italiani non sanno come investire in macchinari, materiali, ordinativi, etichette e linee di produzione.

Dice l’Unionplast (Federazione Gomma Plastica) che «le nostre imprese sono i maggiori produttori ed esportatori di questi prodotti e perderanno almeno un miliardo di euro di fatturato». Le aziende chiedono la difesa dei prodotti usa-e-getta «almeno nei circuiti confinati di utilizzo, dove la gestione del rifiuto è un obbligo e non solo un’opportunità», come nelle mense dove l’igiene delle stoviglie si affianca con la gestione dei rifiuti dopo l’uso.

Buone idee e concorrenti

La direttiva muove l’inventiva. Per esempio Cristina Mollis con la startup The Okapi Network lancia R5, detergenti per la casa che invece dei flaconi usa-e-getta ricorrono alle ricariche; dai detersivi presto passerà ai prodotti per l’igiene personale.

Altri sfruttano la direttiva a fini commerciali. Ecco un comunicato stampa: «Le tazze in porcellana To-Go di Villeroy & Boch sono una valida alternativa alla plastica: sono riutilizzabili infinite volte, sono esteticamente belle e disponibili in varie decorazioni e motivi, inoltre non contengono sostanze tossiche».

Fonte: Il Sole 24 Ore