Legacoop, Volta: “Questo governo frena la crescita dell’Italia. In ballo imprese e posti di lavoro”

Gazzetta di Reggio

REGGIO EMILIA – «L’Italia è in frenata e questo Governo deve far partire i cantieri delle opere già finanziate, da quello più rappresentativo della Tav di Torino fino a quelli più piccoli, come passanti e tangenziali, anche a Reggio. Lo diciamo ad alta voce e poco importa se qualcuno si arrabbierà: ci sono in ballo imprese e migliaia di posti di lavoro». Andrea Volta dribbla i nomi ma punta il dito contro il Governo gialloverde, senza risparmiare critiche all’Alleanza delle Cooperative, che non ha mai toccato davvero palla sui tavoli romani. Il richiamo Volta lo ribadirà oggi al primo congresso di Legacoop Emilia Ovest, in cui sarà riconfermato. E promette che sarà sonoro. Il presidente a capo dell’associazione che rappresenta 305 imprese cooperative delle province di Reggio, Parma e Piacenza – valore della produzione consolidato di oltre 7 miliardi di euro, 400mila soci e 62.000 lavoratori – torna a parlare di politica. Anzi, a farla: «A livello territoriale la politica non ci ha mai abbandonato. Ma ho la netta sensazione che dobbiamo essere noi a tornare a farla nel modo più nobile del termine, anche col rischio di inimicarsi qualcuno a livello centrale. Per questo diciamo no a misure in ballo come la flat tax, che per noi cooperatori non sta né in cielo né in terra: è una contraddizione in termini per il nostro sistema, che resta l’unico vero ascensore sociale. Siamo poi a favore dell’Unione Europea e dello opere pubbliche. E lo diciamo con forza».

Presidente Volta, è stato eletto nel 2015: da lì in poi è stato un disastro per molti annunciato, tra coop delle costruzioni fallite e via dicendo. La tempesta è passata?«Io nel 2015 non avrei scommesso un euro che Coopsette e Unieco sarebbero venute giù. La situazione ora si è normalizzata, anche con il sistema bancario, ma il rapporto nell’edilizia resta complesso».

Ritiene che le imprese cooperative abbiano ritrovato la salute?«Ci siamo trovati in mezzo a una tempesta perfetta. Anche io pensavo che la Cmr di Reggiolo sarebbe stato il culmine. Poi sono cadute Orion, Coopsette, Unieco e Cormo solo per citare le più grandi. Il nostro compito è stato quello di tenere vivo il rapporto con la base, la nostra gente al di là delle crisi e delle polemiche. Non so se ci siamo riusciti a pieno ma attraversare quel periodo è stato un passaggio importante».

Chi ha retto all’urto tra le vostre imprese? «Nonostante la grande crisi i grandi numeri tengono, con un patrimonio intergenerazionale rimasto attorno ai 2 miliardi di euro. Certo, il numero delle coop iscritte è calato ma quelle dei servizi sono in crescita netta, con oltre 6mila lavoratori in più rispetto al 2014, e un valore della produzione passato da 1,9 a 2,7 miliardi di euro. Anche le coop sociali hanno tenuto ma resta un mondo difficile: devono intercettare i nuovi bisogni della popolazione partecipando a bandi di medio lungo termine».

In passato si era pensato di abbandonare il settore delle costruzioni. Poi avete rilanciato con Sicrea. Come sta andando? «Nel settore industriale, nonostante la crisi a Reggio, abbiamo creato la seconda azienda di Legacoop per dimensioni, che è Sicrea. Sta dietro alla Cmb di Carpi. Merito del lavoro fatto dopo la crisi dal presidente Luca Bosi e dal suo gruppo dirigente. Per carità, poi le difficoltà non mancano, ma siamo contenti. L’altra cosa rilevante sono i workers buyout: ce ne sono 10 sulla via Emilia, di cui 9 sono su Reggio. Danno lavoro a 300 persone e mettono insieme 50 milioni di ricavi. In quattro anni di mandato sono raddoppiati».

Resta la perdita secca di posti di lavoro causata dal crollo delle grandi coop. Avete avuto ripercussioni sulla base sociale? La politica presente in tempi di vacche grasse si è più fatta viva? «Diciamo che molti riferimenti sono cambiati. Non solo l’ultimo governo, anche quello precedente ha tralasciato il confronto con i corpi intermedi: vale a dire partiti, sindacati e associazioni di categoria. Non si contano più gli assoli di politici importanti e l’arretramento dei partiti classici. Tutto ciò è sbagliato. Noi ci siamo concentrati nel mantenimento del rapporto con i nostri soci e riteniamo il confronto di assoluta importanza».

Cosa pensate di partite ora capitali per la sopravvivenza del Governo come la Tav? «Ripeto: le opere finanziate devono andare avanti, Tav in primis. Significano decine di migliaia di posti di lavoro. Quando la ripresa non c’è è irresponsabile proseguire sulla strada dei veti, anche per il rispetto di patti fatti con altre regioni e gli altri paesi europei. Bisogna assicurare le necessarie infrastrutture all’Italia».

Avete costituito l’Alleanza delle Cooperative, un blocco unico tra coop bianche e rosse per contare sui tavoli della politica nazionale. Cosa avete raccolto? «Troppo poco. Secondo noi c’è un vuoto da parte dell’Alleanza delle Cooperative. E questo lo dirò: per i cooperatori di Legacoop ci sono troppi silenzi proprio quando bisogna farsi sentire. Questo perché gli interessi delle tre realtà unite non sempre convergono. Prevalgono le individualità ma rischiamo di restare indietro e di farci sorpassare da altre associazioni più dinamiche. Noi rappresentiamo più dell’8% del Pil nazionale, dobbiamo tornare al centro del dibattito pubblico visti gli interessi delle nostre aziende. Noi le rappresentiamo, loro danno lavoro. Dobbiamo battere dei colpi belli forti».

Siete concentrati sulle aggregazioni. Non c’è il rischio di tornare ai super presidenti e ai super manager slegati dell’etica cooperativa? Avete pensato a inserire misure come tetti agli stipendi? «In alcuni comparti diventare grandi è necessario. Lo è nei servizi, come insegna Coopservice, così come nella ristorazione, come insegna Cir food. Queste performance e questi numeri si realizzano solo con dimensioni tali per internazionalizzare le prospettive e gli investimenti. Crescere quindi non ci spaventa. Ma dobbiamo essere in grado di mantenne il giusto rapporto tra manager e base. Siamo cooperative, la nostra caratteristica distintiva è la proprietà diffusa. Non so se funzionano i tetti ma un bravo presidente di una coop non deve guadagnare 10, 20 o 30 volte più di un suo operaio».

Qual è il colpo più duro che ha incassato in questi quattro anni? «Con la testa Coopsette ma con il cuore Unieco: si poteva fare qualcosa di più ma il rapporto con l’ultimo gruppo dirigente è stato diverso». La crisi ha agevolato il cambio generazionale? «Si e abbiamo giovani molto in gamba ma fatichiamo un po’ quando si tratta di metterli nei posti dei numeri uno. Nei prossimi tre quattro anni ci sarà però un bel cambio».

Il vostro azionista di maggioranza, Coop Alleanza 3.0, ha avuto perdite plurimilionarie e annunciato tagli per 700 posti di lavoro. «Situazione complessa, il piano industriale lo reputiamo ben fatto ma non semplice. Comporterà sacrifici interni ed esterni anche al movimento. Ma siamo molto vicini e teniamo molto a Coop Alleanza. Metteremo tra l’altro nostre risorse per facilitare questo difficile percorso di risalita. Un’azienda non può pensare di non avere un equilibrio. Coop Alleanza deve ripuntare alla stabilità».

FONTE: Gazzetta di Reggio – ENRICO LORENZO TIDONA