Pausa pranzo: Un’indagine consiglia 5 modi per migliorarla

Fonte: GQ Italia – Filippo Piva

Gustosa, veloce, economica, da condividere con i colleghi più simpatici.
Ecco come dovrebbe essere la pausa pranzo ideale secondo i lavoratori italiani.

È un universo complesso degno di una puntata di Superquark, quello della pausa pranzo. Perché ogni azienda, ogni ufficio, ogni singolo gruppetto di colleghi ha sostanzialmente le proprie regole e le proprie abitudini, che spaziano dalla celeberrima «schiscetta» portata da casa – e consumata il più delle volte in fretta e furia davanti allo schermo del pc – alle vere e proprie tavolate collettive, in mensa, al bar o alla trattoria più vicina. Già, ma quale sarebbe da un punto di vista sociale-nutrizionale-produttivo la migliore soluzione possibile?

A tentare una risposta è l’indagine di Nomisma per l’Osservatorio Buona Pausa Pranzo di Cirfood, cooperativa italiana specializzata nella ristorazione e nel welfare delle aziende, che attraverso una serie di test e sondaggi ha voluto ricostruire l’identikit del perfetto pranzo sul luogo di lavoro. E così si scopre, per esempio, che oltre il 57% dei lavoratori si dichiara «non disponibile» a trattare sulla soddisfazione di stomaco e palato; anche se il 46% di coloro che usufruiscono di un servizio di ristorazione aziendale ritiene importante che ci sia sempre a disposizione qualcosa di light e salutare, a basso contenuto di grassi.

Ecco allora un riassunto in 5 punti della pausa pranzo ideale, da seguire per migliorare – nei limiti del possibile – le proprie abitudini.

Prendersi il giusto tempo
La triste verità è che oltre 1 lavoratore su 5 pranza in 20 minuti. Ok, lo sappiamo, la pausa pranzo deve essere veloce, ma – quando non ci sono particolari emergenze – possiamo concederci un pochino di tempo in più: una quarantina di minuti totali potrebbe essere un tempo umano.

Via dalla scrivania
Non c’è niente di più triste di un pasto consumato in maniera meccanica davanti allo schermo del pc, con la forchetta che si appoggia accanto alla tastiera. Eppure questa è un’abitudine per moltissimi lavoratori italiani, che dichiarano di trascorrere tutta la propria pausa in ufficio almeno 2 o 3 volte a settimana. Come fare, dunque? In assenza di un ristorante aziendale, meglio allontanarsi dal computer e cercare uno spazio da adibire a simil-sala da pranzo. Oppure esplorare i dintorni dell’ufficio alla ricerca di un posticino di fiducia: magari con offerte di menu a prezzo fisso, perfette per risparmiare.

Quando i colleghi diventano amici
Lontano dalla scrivania è più facile socializzare con i propri colleghi, e scoprire così che non devono per forza essere automi dediti unicamente a documenti di Excell e affini. Il 70% degli intervistati ha dichiarato di apprezzare la pausa pranzo presso il ristorante aziendale anche perché permette di socializzare. E di rendere così un pochino migliore il posto di lavoro.

Un menu equilibrato
Il gusto è fondamentale, certo, ma anche la salute. I lavoratori preferiscono in genere pasti leggeri (38%), che consentano di rimettersi al lavoro senza sentirsi troppo appesantiti. Perché purtroppo no, il pisolino pomeridiano non è ancora stato sdoganato nelle aziende. Cresce dunque la percentuale di chi preferisce piatti a base di ingredienti bio (34%) e a basso contenuto calorico (23%).

Fra tradizione e proposte etniche
Noi italiani siamo ovviamente iper-legati alle nostre tradizioni gastronomiche. E così oltre il 90% degli intervistati nell’ambito dello studio di Cirfood ha dichiarato di preferire la cucina tradizionale, tipica del territorio. Si ampliano costantemente, però, le fila di chi di tanto in tanto non disdegna un’alternativa etnica: orientale in primis, con la cucina giapponese e quella cinese che guidano la classifica delle opzioni più quotate per una pausa pranzo alternativa. Seguono la cucina greca e quella latina, dove prevalgono le proposte messicane e brasiliane.

Fonte: GQ Italia – Filippo Piva