Manital, altra beffa. Spariti dai salari gli 80 euro di Renzi

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Sequestro della guardia di finanza.

Ventinove milioni di euro sequestrati dalla Guardia di finanza al vecchio e al nuovo proprietario di Manitalidea, il colosso delle consulenze gestionali con appalti in tutta Italia e circa diecimila dipendenti.
L’operazione parte dalla procura di Ivrea e travolge letteralmente la guerra tra Graziano Cimadom e Giuseppe Incarnato che si erano battuti a suon di denunce dopo essersi passati il testimone al vertice dell’azienda leader nel settore del facility management, ora coinvolti insieme in una maxi truffa al fisco e ai dipendenti. Secondo le indagini coordinate dal pm Giuseppe Ferrando, l’azienda tra una gestione e l’altra non avrebbe infatti versato 25 milioni di euro dovuti per le ritenute d’imposta e avrebbe utilizzato crediti non spettanti o inesistenti per oltre 4 milioni. La beffa è che all’appello mancherebbe anche il versamento ai dipendenti del “bonus Renzi” da 80 euro ciascuno.
I finanzieri hanno sequestrato denaro, immobili e quote societarie agli ex rappresentanti legali della società: Graziano Cimadom, patron di Manital per 29 anni, e Giuseppe Incarnato, amministratore delegato della Igi Investimenti Group, il fondo che l’anno scorso aveva acquisito la proprietà.
La crisi di Manitalidea è esplosa nella prima metà dell’anno scorso in seguito delle inchieste romane sugli appalti Consip, quando cioè buona parte dei contratti con le pubbliche amministrazioni furono congelati. L’azienda non è più riuscita a pagare gli stipendi con puntualità e ha accumulato debiti. Dopo la cessione a Igi Investimenti la situazione non è migliorata, tanto che, a febbraio 2020, il tribunale di Torino ha dichiarato lo stato di insolvenza difronte a un debito da 223 milioni. Ora Manitalidea è in amministrazione straordinaria, affidata dal Mise a tre commissari.
In tribunale è emersa una contabilità aziendale ferma da mesi e il blocco di tutti i conti correnti. «Ci sono migliaia di creditori – la deputata piemontese M5S, Jessica Costanzo, che ha seguito la vicenda fin dal principio – in larga parte lavoratori che prendevano fino a 400-500 euro al mese».

Fonte: La Repubblica