Le imprese contro la Pa in smart working “Così i servizi rischiano di paralizzarsi”

Confindustria: “Ai dipendenti pubblici servono gli strumenti”. Sindacati in stato di agitazione: “Contrattazione negata”.

Il primo a lanciare l’allarme è stato il presidente dei costruttori Gabriele Buia, che ha definito «un danno» per il suo settore lo smart working introdotto nella Pubblica amministrazione. E ieri dal palco virtuale dell’assemblea nazionale dell’Ance è tornato a criticare la scelta del governo. «Il lockdown – ha spiegato – ha dato il colpo di grazia a una Pa largamente inefficiente», talmente devastata dalle scelte di questi anni «che per un dipendente pubblico è più facile non fare che fare». Per questo ora, di fronte alla decisione del governo di portare al 75% lo smart working, occorre adeguare le strutture, altrimenti «senza aver completato il processo di digitalizzazione, senza un percorso di formazione adeguato, senza una gestione coordinata e competenze specifiche rischia di trasformarsi in un no-working».

La preoccupazione nel mondo delle imprese è diffusa, anche perché già con una quota compresa tra i 50 ed il 60% del personale che può svolgere da remoto le proprie funzioni destinato allo smart working in ballo ci sono tra 600 mila ed un milione di addetti.

Rischio paralisi col 75%

«50 o 75%, ma che senso ha fissare queste soglie? È un approccio semplicistico», protesta Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, la fondazione che raggruppa tutto l’agroalimentare Made in Italy. «Rischiamo di andare incontro alla paralisi del Paese». L’esperienza del mesi passati, a suo parere, è illuminante: «Mentre il settore privato, con grandi sacrifici, è riuscito a tutelare la produzione e nel contempo assicurare la protezione dei suoi lavoratori, lo stesso non è avvenuto in gran parte della Pubblica amministrazione che in molti casi è rimasta a casa senza riuscire a garantire molti servizi».

«Purtroppo, il precedente del lockdown ci fa essere pessimisti, ma se a marzo il lockdown aveva preso tutti di sorpresa, oggi sinceramente mi aspetterei qualcosa di meglio», sostiene il presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi. Il quale oggi si augura «che la Pa abbia almeno cominciato ad implementare la propria cultura organizzativa e le proprie procedure, in modo che il lavoro ordinario possa svolgersi anche con molti funzionari in smart working. Mi aspetto che le persone che lavorano da casa siano almeno dotate della strumentazione necessaria per fare il proprio lavoro. Insomma, mi aspetto che il lavoro sia davvero “smart” e non sia semplice telelavoro».

Il dato più lampante che cita Buia arriva da uno studio del Forum Pa da cui si evince che ben il 40% dei dipendenti pubblici nei mesi passati, lavorando da casa, non ha avuto accesso a tutti i documenti di cui dispone in ufficio, il 68% non ha ricevuto una formazione specifica ed il 30% non ha concordato piani di lavoro. Uno dei risultati è stato il crollo delle licenze edilizie. Le stime parlano di un -30% a livello nazionale: -47% i permessi per costruire rilasciati a Roma nei primi nove mesi dell’anno rispetto al 2019, -26% a Verona e -29% a Taranto, -25% a Genova e -12% a Prato. «Tantissimi i documenti essenziali a cui il pubblico non è riuscito a dare seguito», lamenta Scordamaglia, secondo il quale «con queste regole sarà un problema gestire anche il Recovery fund: visto che il 70% va speso nei primi due anni, forse facciamo prima a non richiederlo».

Sindacati in rivolta

Ma non solo le imprese protestano: ieri Cgil, Cisl e Uil hanno contestato al ministro Dadone di aver varato il nuovo decreto senza alcuna consultazione e invadendo lo spazio riservato alla contrattazione («scelta gravissima») proclamando lo stato di agitazione. La responsabile della Pa si è difesa spiegando che la nuova fase di smart working nella Pa sarà diversa da quella del lockdown, saranno diversi i numeri (più ridotti) e l’impostazione (tutto ciò che non si può fare da remoto si fa comunque in presenza). Ha poi spiegato che «la situazione pandemica in questo momento rendeva difficilmente percorribile la strada di un accordo ad hoc», assicurando poi ai sindacati che i tavoli della contrattazione si apriranno «a breve».

Fonte: Lastampa.it