Manutencoop esce da Legacoop con uno strappo storico che preoccupa

BOLOGNA – La terza cooperativa per dimensioni in Italia, Manutencoop di Zola Predosa, esce da Legacoop con uno strappo senza precedenti nella storia della cooperazione rossa, già paragonato per effetto e peso all’uscita della Fiat da Confindustria. La holding di controllo della Spa, attiva nei servizi integrati per gli immobili – 920 milioni di euro di ricavi e 16mila dipendenti in Italia -, ha deliberato ieri “il recesso da Legacoop (…), esercitato nei termini previsti dallo Statuto della cooperativa, dallo Statuto di Legacoop e dalle normative in materia”. Al momento non è prevista alcuna iscrizione ad altri organismi di rappresentanza.

Dietro allo strappo sembrano esserci diversità di vedute di fronte al percorso intrapreso per la Spa controllata, che recentemente ha tra l’altro ufficializzato il cambio di brand – cambierà nome in Rekeep – e un percorso accelerato di sviluppo internazionale. Le divergenze vanno dall’ideazione dello schema eterodosso holding cooperativa-spa operativa all’apertura del suo capitale al private equity. Claudio Levorato, numero uno di Manutencoop, ha chiarito ieri: “Ci divide un’interpretazione del ruolo di Legacoop non come associazione di tutela e rappresentanza, bensì come strumento di tipo dirigistico sulla libera espressione dell’autonomia delle cooperative”. Due anni fa, tuttavia, il giudizio era stato ancora più tranchant: “Legacoop è un’organizzazione politica, fatta di imprese con gruppi dirigenti che perseguono sempre più spesso i propri interessi e non quelli del movimento”. La decisione non poteva che destare preoccupazione per milioni risparmiatori e lavoratori in Italia.

La Legacoop bolognese ha deciso di mettere in campo una risposta altrettanto decisa, convocando una riunione dei vertici per affrontare il caso Manutencoop. Non sarà facile sanare una situazione delle Coop già difficile (Manutencoop garantiva ogni anno 500mila euro di iscrizione): dall’ultimo bilancio si parlava di una perdita di ben 37 milioni di euro, anche se, alla luce degli investimenti portati a termine, da parte della dirigenza non sembrano trasparire preoccupazioni eccessive per la ripresa futura.

Lo strappo sarà messo nero su bianco a settembre e a inizio 2019 il divorzio sarà ufficiale.