Crisi aziendali in salita, rischiano il posto 250 mila lavoratori

Corriere della Sera – Roma Ex Alcoa (800 lavoratori a rischio). Whirlpool (430). Piaggio Aerospace (500 in cassa integrazione). E poi Aferpi-Jsw, ex Lucchini (2.000 licenziati in attesa di riassunzione). Bekaert (224 in cig). Mercatone Uno (1.860 licenziati). Manital (in 10 mila da mesi senza stipendio). Blutech (700 senza cig). Iveco Defence (740 in cig dal 2016). Abb (annunciati 108 esuberi). Invatec Spa (314 posti a rischio). Semitec (350 dipendenti e commesse a rischio). Csp (130 senza stipendio). Porto Industriale Cagliari Spa (210 esuberi). Pernigotti (100 dipendenti e 150 interinali: raggiunto un accordo per la reindustrializzazione). Comital (cig per 120). E poi tutto il settore dell’auto (promessi 50 milioni di euro per il territorio di Torino, ma un vero tavolo di crisi per l’automotive non è stato mai aperto).

Non solo ex Ilva e Alitalia. Sul tavolo del ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ci sono decine di dossier con crisi aziendali aperte e migliaia di lavoratori in attesa di risposte. Dai 138 tavoli di inizio anno, il conteggio è salito a 158, cui vanno aggiunti quelli aperti presso le Regioni. In realtà, spiegano al Mise, molti tavoli dati per chiusi dallo scorso governo, «non lo erano». Vedi il caso Blutec di Termini Imerese: neanche il tempo di ripartire dopo l’accordo con il Mise, che è scoppiato il caso giudiziario con l’arresto dei vertici (accusati di aver distratto i fondi pubblici per la riconversione), il blocco dell’azienda e oltre 700 lavoratori a rischio e senza cassintegrazione. O Whirlpool, con il gruppo Usa che ha cambiato programma annunciando la chiusura dello stabilimento di Napoli. I sindacati parlano di almeno 250 mila persone che tra esuberi e cassintegrazione vivono nell’incertezza e rischiano il posto di lavoro. E la crisi di governo in corso non fa certo ben sperare per il mese di settembre.

C’è il decreto legge Imprese che attende di essere pubblicato in Gazzetta ufficiale e che prevede alcune misure tampone per le situazioni più gravi (dal «salva Ilva» al rinnovo della cassintegrazione per i lavoratori Blutec ai 10 milioni di euro per salvare la Whirlpool di Napoli). «Ma sono tutte misure temporanee – spiega la leader della Fiom Francesca Re David – senza una vera politica industriale dietro: sono stati smantellati gli ammortizzatori sociali per fare la cassa integrazione, ma così non risolvi nulla, perché serve un’idea, devi sapere dove vai e a fare cosa». Basti pensare che nel mese di giugno sono state autorizzate 27,6 milioni di ore di cig, (+42,6% rispetto al 2018) e per quella straordinaria per le situazioni più gravi le ore sono 18,8 milioni, il 99,8% in più rispetto al giugno 2018. Seicentomila quelle in deroga: + 451,7%. Ma, dice Re David, «le crisi vanno guidate, non sai mai dove vanno a finire, bisogna gestirle con ragionamenti fatti insieme da governo, imprese e sindacati». Bisogna guardare il territorio, le aree a rischio, il lavoro che cambia.

Teresa Bellanova, senatrice Pd, è stata viceministro del Mise nei governi Renzi e Gentiloni. A quei tavoli si è seduta per oltre due anni: «È una cosa faticosissima, un lavoro oscuro di pazienza e costanza: non si può aprire un tavolo e poi scomparire, le situazioni vanno monitorate, ma Di Maio ha saputo dai social che Whirlpool andava via!». Va bene la cassintegrazione, riflette, «ma non basta, devi aiutare chi ha perso il lavoro, avere una politica industriale, sapere quale sviluppo dare a questo Paese, attrarre investimenti, essere credibile: invece l’elenco delle crisi si allunga e tra 6 mesi, un anno la situazione rischia di essere ancora più grave».

Fonte: Il Corriere della Sera